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Dott. Catulla Contadin - Psicologa infantile - Psicoterapeuta - Noventa Vicentina (Vicenza)

insegnare al bambino a dormire da solo

E’ l’ora della nanna

Insegnare al  bambino a dormire da solo

Sono molti i genitori che, per comodità, tengono il figlio di pochi mesi nel lettone durante la notte. Un neonato mette a dura prova mamma e papà: ha bisogno di attenzioni continue, non ha ritmi definiti per mangiare e dormire, piange per motivi diversi che i genitori devono imparare a decifrare.

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La stanchezza si accumula, le ore di sonno scarseggiano e la soluzione più semplice sembra quella di tenere il piccolo accanto a sé di notte in modo da non doversi alzare in continuazione per controllare se riposa bene o per consolarlo quando piange.

Scelta comprensibile... ma siamo sicuri sia davvero la migliore per il piccolo e i suoi genitori?

 

Il contatto pelle a pelle tra mamma e bambino è prezioso nei primi mesi di vita. Il piccolo non si riconosce ancora come un essere separato dalla madre, l’odore della sua pelle, il suono della sua voce, sono elementi rassicuranti che riesce a distinguere sin dalla nascita.

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Poco per volta, tuttavia, il bambino deve poter sperimentare separazioni sempre più prolungate dalle figure di attaccamento. Ciò che dà sicurezza al bambino non è la presenza costante di mamma e papà ma l’esperienza che i suoi genitori possono allontanarsi e poi tornano sempre.

 

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Cosa accade quando il piccolo dorme sempre nel lettone?

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Spesso i genitori rimandano il momento di coricarlo nel suo lettino perché “è ancora troppo piccolo”, e quando finalmente decidono di fare questo passaggio, è il figlio che protesta apertamente e si rifiuta di stare da solo.

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La soluzione più frequente? Dato che in tre nello stesso letto non si riposa bene (c’è il timore di schiacciare il bimbo che, col passare dei mesi, si prende sempre più spazio) il padre rinuncia alla sua posizione e si sposta a dormire altrove. Il divano o la cameretta del bambino diventano la sua nuova sistemazione, mentre madre e figlio mantengono l’uso esclusivo del talamo nuziale. E questo a tempo indefinito…

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Quando poi arriva un fratellino o i genitori riconoscono la necessità di riportare tutti nella propria stanza, iniziano pianti e tensioni.

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Meglio partire con il piede giusto sin dall’inizio.

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Nei primi mesi di vita il neonato può dormire nella stessa stanza dei genitori per facilitare le pratiche di cura, ma dovrebbe stare nella sua culla o nel lettino. In quest’ultimo caso, i genitori possono ricorrere a un riduttore che faccia sentire il neonato più avvolto e protetto. La vicinanza di un piccolo peluche o una copertina con l’odore della mamma possono renderlo ancora più sereno.

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Nei primi anni di vita i risvegli notturni sono dovuti a molte ragioni: fame, pannolino bagnato, perdita del ciuccio, nasino chiuso, dentini che spuntano, coliche, brutti sogni. In queste circostanze è bene che i genitori cerchino di tranquillizzare il figlio con qualche coccola e poi lo rimettano nel lettino anche se è ancora sveglio. Dopo i 3 anni, se il bambino viene sempre addormentato in braccio o sul divano, incontrerà più difficoltà ad accettare di stare nella sua culla alla sera.

 

Quando il lattante impara a dormire cinque-sei ore di fila, è possibile spostare il lettino nella sua cameretta e creare una serie di rituali di addormentamento che facilitino il passaggio dalla veglia al sonno.

Sistemare i giochi in un cestone, indossare il pigiamino, lavarsi i denti, farsi 5 minuti di coccole, cantare una canzoncina o leggere una storia sono passaggi che aiutano il piccolo a riconoscere che la giornata volge al termine e che è ora di rilassarsi. La luce soffusa aiuta il bambino a sentirsi più a suo agio.

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La paura del buio, frequente durante la prima e la seconda infanzia, è legata all’impossibilità di distinguere nettamente i contorni degli oggetti e di identificare correttamente ciò che lo circonda. Le ombre si trasformano in fantasmi e mostri nella mente del bambino e acuiscono il senso di smarrimento e il naturale timore di essere abbandonato.

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Per questo è essenziale che la cameretta del bambino diventi un ambiente che il piccolo frequenta anche di giorno e che sia arricchita da giochi che lui stesso ha contribuito a sistemare in un certo modo.

 

Nella sua stanzetta il bambino deve imparare a sentirsi a suo agio; deve conoscerne l’odore, deve poter sentire le voci di mamma e papà che sistemano la casa prima di coricarsi o che guardano la tv dopo cena.

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 Non deve essere il luogo del castigo quando si comporta in modo sbagliato, altrimenti rischia di assumere connotazioni negative che possono riattivarsi al momento di dormire.

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Alcuni bambini gradiscono una dolce melodia di sottofondo che tiene loro compagnia quando mamma o papà li salutano.

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Attenzione: i rituali sono importanti, danno sicurezza al bambino e

costituiscono un momento di piacere anche per il genitore.

Tuttavia non dovrebbero protrarsi oltre i 20 minuti.

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Dopo i 3 anni, se il bimbo è ancora sveglio dopo le coccole, la storia e la ninna nanna, il genitore dovrebbe comunque provare ad allontanarsi, tollerando alcune proteste.

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Se quest’ultime si trasformano in pianti e urla, mamma e papà possono affacciarsi alla cameretta del figlio e rassicurarlo, possono rimboccargli le coperte e poi riprovare ad allontanarsi, lasciandogli intendere che è al sicuro e può stare anche da solo. Non importa se il sonno non arriva immediatamente. Quante volte anche noi adulti ci giriamo e rigiriamo nel letto senza riuscire ad addormentarci?

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Ricordate: state accompagnando il vostro bambino in un passaggio di crescita che gli consentirà di avere più fiducia nelle proprie capacità di affrontare le sfide della vita. E quando imparerà a riposare serenamente da solo… ne trarrà giovamento tutta la famiglia!      

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