Dott. Catulla Contadin - Psicologa infantile - Psicoterapeuta - Noventa Vicentina (Vicenza)

Scuola e famiglia:
dalla contrapposizione alla collaborazione
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Bambini con Bisogni Educativi Speciali (BES)
A scuola mi hanno detto che mio figlio è un bambino con Bisogni Educativi Speciali.
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Edoardo è sempre stato un bambino vivace, incapace di stare fermo un minuto. E’ agitato perfino quando dorme. Anche suo padre da piccolo era così, mia suocera racconta che la faceva disperare. Ma con gli anni si è calmato, è riuscito a trovare un lavoro, ci siamo sposati, abbiamo messo su famiglia. A scuola non andava benissimo, alle superiori è stato rimandato più di una volta, ma alla fine ha preso il suo diploma.
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Nessuno gli ha mai detto che ha bisogno di sostegno perché in classe era “un tornado”.
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Edoardo è come lui. Non è un bambino stupido, se vuole capisce le cose. Semplicemente non gli va di farle.
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Mi sembra esagerato che le maestre ci mandino addirittura da uno psicologo!
Con queste parole una mamma ha presentato il suo bambino la prima volta che è venuta in consultazione da me. Il tono della sua voce comunicava incertezza, preoccupazione per quello che avrei potuto dirle su suo figlio, diffidenza nei confronti degli insegnanti.
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Questa madre conosce bene il proprio bambino. Sa che riesce a esasperare le persone con la sua irrequietezza motoria, che non è in grado di mantenere a lungo l’attenzione su uno stesso compito e che interrompe le conversazioni altrui in continuazione. Ha ripetuto più volte al figlio che deve imparare a fare i compiti da solo, ma ha sperimentato che se non gli rimane accanto, il bambino si alza con la scusa di andare a bere, a fare la pipì, a fare la punta alla matita… e non combina niente.
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Eppure Edoardo ha anche molte qualità: è un bambino curioso, creativo, appassionato di scienze e portato per il nuoto. Un bambino solare, amante degli scherzi, carico di energia.
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Questa mamma teme che lo psicologo possa etichettare negativamente suo figlio, decidere di affiancargli un insegnante di sostegno facendolo sentire diverso dai compagni. Più volte ha sottolineato la mancanza di buona volontà del bambino, sostenendo che con l'impegno potrebbe diventare più attento e collaborativo.
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Completamente opposto è stato l’atteggiamento del papà di Federica, una bambina timida, con difficoltà di socializzazione legate a un importante ritardo nello sviluppo del linguaggio.
Federica ha paura di leggere ad alta voce perché teme che i compagni la prendano in giro. Commette ancora tanti errori per la sua età, ma le maestre si ostinano a proporle di leggere un paio di righe come fanno con gli altri bambini che non hanno problemi.
Credo sarebbe più giusto evitare di metterla in imbarazzo. In fondo anche i dislessici sono esonerati dalla lettura ad alta voce.
Mi sono documentato su internet e sono venuto per chiedere una diagnosi di BES. So che se Lei mette nero su bianco che la bambina ha problemi di lettura, le maestre a scuola dovranno prendere provvedimenti. Le spetta di diritto!
Il desiderio di questo papà è quello di proteggere la sua bambina, evitarle situazioni di imbarazzo a scuola, difenderla da insegnanti che, secondo lui, non mettono in atto le scelte didattiche più opportune.
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Si tratta di un papà determinato, che si è informato su internet in merito alla normativa sui Disturbi Specifici di Apprendimento e sui Bisogni Educativi Speciali, e che ha deciso di rivolgersi a uno psicologo sperando di trovare una sorta di alleato.
Chi sono i bambini con Bisogni Educativi Speciali?
È importante sottolineare che tutti i bambini, per un determinato periodo della loro frequenza scolastica, possono presentare dei bisogni educativi speciali. Difficoltà famigliari, gelosia per un fratellino appena nato, un trasloco inaspettato, un cambio di classe, problemi di socializzazione con i compagni, timore di un nuovo insegnante… sono tante le ragioni che possono creare disagio emotivo nei bambini con conseguenti difficoltà sul piano scolastico.
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Si tratta, tuttavia, di situazioni transitorie legate a fattori scatenanti chiaramente individuabili e che in genere rientrano nell’arco di qualche mese. In queste circostanze, gli insegnanti osservano i cambiamenti di umore dei bambini, si interrogano sui motivi del loro calo di rendimento e, se il rapporto con la famiglia è positivo, collaborano con i genitori per sostenere l’alunno e aiutarlo a superare il momento di impasse.
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La Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre 2012, tuttavia, fa rientrare nella macro categoria degli alunni con Bisogni Educativi Speciali diverse situazioni:
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bambini con disabilità;
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bambini con Funzionamento Intellettivo Limite;
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bambini con disturbi evolutivi specifici (DSA, ADHD, deficit del linguaggio, delle aree non verbali, della coordinazione motoria, Autismo);
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bambini con svantaggio linguistico, culturale e socio-economico.
La famiglia di fronte a un bambino “con problemi”
Per i genitori non è facile accettare il fatto che il proprio figlio presenti una disabilità o un bisogno educativo speciale rilevante.
La capacità di affrontare le sfide che comporta avere un bambino con necessità diverse da tutti gli altri dipende dal grado di coesione famigliare, dall’età dei genitori, dal tipo di patologia del figlio e dal suo livello di gravità (Di Nuovo, 2014).
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La possibilità di superare la crisi è strettamente legata anche al supporto esterno che la famiglia riceve.
Lo psicologo infantile può fornire ai genitori informazioni precise sul problema del bambino, aiutandoli a comprendere i suoi punti di debolezza ma anche le sue potenzialità.
È importante che la famiglia collabori attivamente al progetto educativo-didattico e terapeutico proposto all’alunno e ciò è possibile solo se tra genitori, insegnanti e specialista si instaura una relazione di fiducia e rispetto reciproco.

Chi decide che strumenti compensativi e quali misure dispensative adottare nei casi di alunni con Bisogni Educativi Speciali?
Spesso famiglia e scuola hanno opinioni contrapposte in merito a quali adattamenti del programma scolastico fare per i bambini in difficoltà.
Alcuni genitori, come la mamma di Edoardo, tendono a sottostimare i problemi del figlio e non sembrano pienamente consapevoli del fatto che alcuni comportamenti, all’interno di un gruppo classe, sono molto più difficili da gestire rispetto a quando il bambino è da solo.
Altri, come il papà di Federica, assumono un atteggiamento iperprotettivo e rischiano di precludere al figlio reali possibilità di sviluppo di determinate abilità.
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Alcuni strumenti compensativi e misure dispensative sono utili se utilizzati
in determinati momenti scolastici e per periodi di tempo limitati.
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Ad esempio, se un bambino ha difficoltà a leggere, può essere esonerato dalla lettura ad alta voce a prima vista in classe per un certo periodo di tempo, in modo da non farlo sentire in imbarazzo di fronte ai compagni. Non appena raggiunge una velocità di lettura sufficiente, tuttavia, è importante che anche lui possa leggere qualche riga di un brano come i compagni, per rafforzare la sua autostima e per evitare che gli altri bambini lo ritengano incapace.
L’insegnante potrà concordare alcune strategie con i genitori in modo da rendere il compito più facilmente gestibile al bambino. Ad esempio, si può stabilire chel'alunno con BES leggerà sempre il titolo e la prima riga di ogni brano, in modo che a casa abbia la possibilità di esercitarsi maggiormente su queste parti e sentirsi più sicuro di sé di fronte alla classe.
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Come sottolinea Santo Di Nuovo, “soluzioni comode e rapide… potrebbero dare benefici tangibili e apprezzati per la loro efficacia immediata, ma impediscono all’alunno di arrivare là dove le potenzialità, adeguatamente sfruttate, potrebbero condurlo nel tempo”.
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Lo psicologo che ha curato la diagnosi può dare indicazioni chiare a insegnanti e genitori in merito agli adattamenti più opportuni da mettere in atto a scuola per facilitare il processo di apprendimento dell’alunno con Bisogni Educativi Speciali.
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Spetta poi agli insegnanti di classe il compito di individuare le modalità didattiche più efficaci per aiutare il bambino ad impadronirsi dei contenuti fondamentali delle singole discipline.
Il progetto elaborato va condiviso con la famiglia, concordando strategie comuni di supporto al bambino che andranno utilizzate sia a casa che a scuola.
Solo una buona collaborazione tra diverse agenzie educative
può conferire validità a un progetto abilitativo o riabilitativo.
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BIBLIOGRAFIA
Di Nuovo Santo (2014), I bisogni educativi speciali. Metodi e materiali per affrontarli. Giunti scuola.
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