Dott. Catulla Contadin - Psicologa infantile - Psicoterapeuta - Noventa Vicentina (Vicenza)
Mio figlio è un bambino timido.
Come posso aiutarlo?
Timidezza e abitudini sociali
La timidezza può essere legata a diversi fattori; uno dei più comuni è la disabitudine al contatto con persone che non si conoscono. Ci sono bambini che in casa dimostrano un carattere sereno e intraprendente; sono loquaci, si muovono con tranquillità da una stanza all’altra, giocano in modo autonomo, sono curiosi e propositivi.
Non appena qualcuno varca la soglia di casa, però, tutto il loro coraggio sembra svanire nel nulla. Iniziano piagnucolii insistenti, si nascondono dietro i genitori, pretendono di essere presi in braccio. A nulla servono i tentativi di rassicurazione di mamma e papà e gli approcci amichevoli dei nuovi arrivati.
La situazione diventa ancora più difficile da gestire quando il bambino si trova in un ambiente a lui poco familiare: un supermercato, un negozio di abbigliamento, un parco giochi. I genitori vorrebbero che il loro pargoletto smettesse di aggrapparsi e nascondersi e iniziasse a interagire con altri bambini ma non c’è modo di convincerlo.
Come comportarsi di fronte a un bambino timido?
I bambini si rendono conto ben presto di essere dipendenti dagli adulti. Devono ricorrere ai grandi per qualsiasi cosa: mangiare, salire le scale, prendere oggetti collocati in alto e via dicendo. Non hanno, tuttavia, la percezione del pericolo: solo con l’esperienza e con la maturazione di alcune funzioni cognitive come la memoria e la capacità di pianificazione impareranno a prevedere le conseguenze negative di alcune loro azioni.
Nei primi anni sono le persone che li circondano a trasmettere loro il senso del pericolo ed è importante non veicolare ansie eccessive e generiche. Se il bambino si sente ripetere in continuazione: “Attento, ti fai male!”, “Non toccare, si rompe!”, “Via da lì, vuoi romperti la testa?” si convincerà che il mondo è un ambiente pieno di pericoli e poco sicuro. Meglio allora stare incollato a mamma e papà che sono grandi e forti.
I genitori possono aiutare i bambini ad affrontare le novità in modo più sereno ponendosi come modello. Non possiamo pretendere che i nostri figli si avvicinino a bambini che non conoscono e si associno ai loro giochi se noi stessi ci teniamo a distanza dagli altri genitori!
È inutile forzare i bambini ad interagire per primi perché non sanno come si fa. Quando si ha a che fare con bimbetti di 2-3 anni è più efficace prenderli per mano e avvicinarsi agli altri bambini poco per volta, rispettando le reticenze iniziali del piccolo. Può essere mamma o papà a sorridere per primo al bambino sconosciuto, a chiedere a chi lo accompagna quanti anni ha, a chinarsi e a domandare con fare pacato come si chiama.
Vostro figlio vi osserverà, si nasconderà dietro di voi per un po’, ma vedendo che non vi aspettate nulla da lui e che iniziate a giocherellare serenamente col nuovo arrivato si lascerà incuriosire e poco per volta farà anche lui qualche timido tentativo di interazione.
L'intervento in prima persona dell'adulto
aiuta sempre il bambino timido?
Queste piccole manovre di avvicinamento, come le chiama Paola Santagostino, sono efficaci se fatte sin dalla prima infanzia, quando il bambino è piccolo e nessuno si stupisce se il genitore accompagna il proprio figlio durante i primi approcci con i coetanei.
Durante gli anni della scuola primaria questa soluzione è meno consigliabile, perché a quell’età i compagni finirebbero per prendere in giro vostro figlio e lui si sentirebbe ancora più a disagio.
Morale della favola:
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date al vostro bambino timido tante opportunità di entrare in contatto con persone nuove sin da piccolo, in modo che impari come si affrontano queste situazioni;
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ponetevi come modello: cercate voi stessi di essere disponibili a scambiare due parole con chi non conoscete
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