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Dott. Catulla Contadin - Psicologa infantile - Psicoterapeuta - Noventa Vicentina (Vicenza)

comunicare con gli adolescenti

Come comunicare con gli adolescenti?

E' importante ciò che si dice ma ancor più COME lo si dice. 

   La comunicazione è il processo che consente alle persone di far conoscere agli altri i propri pensieri, le proprie emozioni e di raccontare esperienze, instaurando una relazione tramite un dialogo.

   La comunicazione ha sempre una componente verbale (il contenuto che viene espresso a parole) e una componente non verbale (espressione del viso, postura del corpo, tono della voce...). Queste due dimensioni a volte viaggiano nella stessa direzione mentre in altri casi esprimono sentimenti e pensieri contrapposti mettendo a disagio l’interlocutore.

   Spinoza raccomandava:

Actiones Hominum non ridère, neque lugère, sed cognòscere”,

ovvero non deridere né compiangere un essere umano, ma sforzati di comprenderlo.

   Capita spesso, invece, che i genitori cerchino di trasmettere ai figli le proprie idee, frutto di anni di esperienze personali, senza essere disposti ad ascoltare le loro ragioni. Non sempre le soluzioni che hanno funzionato in passato sono le migliori nel presente; gli adolescenti hanno una propria storia, sono persone diverse dai genitori e devono poter sperimentare le conseguenze delle proprie azioni per crescere e diventare autonomi.

   Thomas Gordon (1918-2002), uno psicologo clinico americano, si è occupato a lungo della comunicazione studiando con attenzione i fattori in grado di facilitarla e di ostacolarla. Il modello che ha sviluppato, noto come metodo Gordon, offre indicazioni interessanti su come creare e mantenere relazioni efficaci tra le persone, ed è utile nella soluzione di conflitti tra genitori e figli.

    Gordon ha individuato 12 atteggiamenti che caratterizzano il non ascolto e che pertanto dovrebbero essere limitati:

  1. Dare ordini, esigere, comandare: "Tu devi…”, “Smetti di dire che non sei capace e mettiti all’opera!”

Quando il genitore dà ordini al figlio spesso non tiene in considerazione i suoi sentimenti e rischia di proporre dei modelli di comportamento inadatti alla sua età. Il comando genera spesso ostilità e rabbia, fa sentire l’adolescente inferiore rispetto all’adulto, trasmette l’idea che le esigenze del genitore siano più importanti di quelle del figlio.

     2. Mettere in guardia, minacciare: “E’ meglio per te… altrimenti…”, “Datti una mossa e studia se non vuoi prendere un altro 4 in matematica!”

Quando l’adolescente si sente minacciato può reagire in due modi opposti: contrattaccare per il semplice gusto di opporsi a quella che percepisce come un’imposizione o sottomettersi per timore di perdere un riferimento di cui sente di avere ancora bisogno. In entrambi i casi si affievolisce il desiderio di affrontare il problema in modo costruttivo e il ragazzo perde fiducia nella possibilità di instaurare una buona relazione con l’adulto.

    3. Fare prediche: “Non dovresti comportarti in questo modo…”, “E’ tuo dovere aiutare in casa, io lavo, stiro, faccio da mangiare per tutti, anche per te, e non posso dire che non ne ho voglia!”

L’invito a comportarsi in un certo modo imponendo una morale può generare nell’adolescente sensi di colpa e diminuire la fiducia in se stesso e nelle sue capacità. Dicendogli esplicitamente ciò che deve fare, il genitore comunica inconsapevolmente al figlio che non crede nelle sue capacità di affrontare la situazione in modo autonomo.

   4. Offrire soluzioni già pronte, dare consigli: “Se fossi in te farei…”, “Non prendertela troppo, fai come me, quando ho un tarlo in testa esco a fare due passi e mi sento già meglio”

Le soluzioni già confezionate dall’adulto impediscono all’adolescente di riflettere con attenzione sul proprio problema, di pensare a diverse possibili soluzioni e di sperimentarle in prima persona. I consigli troppo direttivi ostacolano lo sviluppo dell’autonomia e possono rendere i ragazzi insicuri e più dipendenti dagli adulti.

   5. Persuadere con la logica: “Guarda che le cose stanno così…”, “Devi essere obiettivo. Hai solo un mese prima degli esami e se non ti fai interrogare di tua volontà non riuscirai a recuperare e farti ammettere alla maturità”

Questa modalità comunicativa può offendere l’adolescente, farlo sentire umiliato, indurlo al ritiro in se stesso. Il ragazzo percepisce che per il genitore contano maggiormente le proprie opinioni che i suoi sentimenti. A volte, di fronte alle argomentazioni dell’adulto, il ragazzo reagisce con delle contro argomentazioni, e nessuno dei due riesce a mettersi nei panni dell’altro e capire il suo punto di vista.

   6. Biasimare, giudicare, criticare: “Non hai voglia di fare niente… sei un fannullone”

Critiche e giudizi finiscono spesso per ledere l’immagine che l’adolescente ha di sé. Alcuni ragazzi finiscono per accettare come vere le note di biasimo dei genitori (“Sono proprio sbagliato”, “Non valgo niente”), mentre altri contrattaccano (“Senti chi parla! Sarai perfetto tu!”).

   7. Essere compiacenti, fare complimenti esagerati: “Come sempre sono d’accordo con te…”, “Figurati se non ce la fai!”

Gli apprezzamenti non meritati possono ferire l’adolescente perché li percepisce come falsi, lontani dall’immagine che ha di sé.

   8. Etichettare, umiliare, usare frasi fatte: “Sei un imbranato”, “I giovani sono tutti degli scansafatiche”, “Quelli della tua generazione non sanno cosa vogliono”

Tutti i messaggi che mettono in ridicolo o umiliano il ragazzo sono offensivi e lo inducono a chiudere la comunicazione.

   9. Interpretare, diagnosticare: “In realtà non credi veramente a questa cosa che hai detto…”, “Comportandoti così vuoi farmela pagare”

È poco utile analizzare il comportamento dell’adolescente e comunicare l’idea che ci si è fatta di lui e delle sue intenzioni. Se l’interpretazione del genitore è corretta il figlio tenderà a mettersi sulla difensiva, se invece è sbagliata si sentirà ancora più incompreso.

   10. Minimizzare, consolare: “Non preoccuparti, passerà presto”, “Vedrai, domani non ci penserai già più”

Quando i ragazzi sono giù di morale spesso i genitori cercano di distrarli, di parlare di argomenti diversi da quelli che costituiscono il problema, oppure tendono a negare la reale importanza della questione sottostimando la pesantezza del loro stato d’animo. Anche questo atteggiamento li fa sentire poco ascoltati.

   11. Interrogare, indagare: “Come mai…”, “Si può sapere perché…”

Se l’adolescente si sente sotto interrogatorio e percepisce l’adulto come troppo invadente tenderà a chiudere la comunicazione e a non raccontare più nulla di sé.

   12.  Cambiare argomento, ironizzare: “Basta pensare a questa cosa, parliamo di altro adesso!”

Quando il genitore cerca di fare dello spirito o di eludere il problema, l’adolescente tende a pensare che l’adulto non dia la giusta importanza alle faccende che lo riguardino e non tenga in considerazione i suoi sentimenti.

 

   Nelle discussioni con gli adolescenti frasi come quelle sopra citate ricorrono piuttosto frequentemente. Non si tratta di atteggiamenti fortemente dannosi ma di modalità comunicative che non contribuiscono al miglioramento della comunicazione e che nella maggior parte dei casi la rendono più complicata di quanto non lo sia già.

   

    Quando un genitore muove delle critiche al figlio o manifesta perplessità di fronte a un suo comportamento, in genere lo fa con l'intento di aiutarlo a maturare e a migliorarsi. Tuttavia, prima di esprimersi, può essere utile per l'adulto riflettere non solo su ciò che vuole dire ma anche sulle modalità più appropriate per farlo. Non sempre, infatti, il risultato della comunicazione corrisponde agli obiettivi che ci si erano prefissi!

 

Bibliografia

- Mauri, A., Tinti C.,(2002), Formare alla comunicazione. Percorsi di gruppo per lo sviluppo di relazioni efficaci nelle professioni educative, sociali e sanitarie. Erickson.

- Gordon T. (1994), Genitori efficaci. Educare figli responsabili. Edizioni La Meridiana.

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